La depurazione delle acque reflue

Con i nostri impianti di depurazione delle acque reflue ridiamo valore all’acqua, restituendola al territorio grazie a processi innovativi.

Dettaglio di un impianto di depurazione delle acque di Acea Acqua

Il trattamento delle acque reflue è la parte finale della filiera idrica. Attraverso gli scarichi, le acque vengono raccolte nel sistema fognario e convogliate fino agli impianti di depurazione 

 

Gestiamo più di 170 impianti di depurazione delle acque reflue sui bacini di Roma e provincia.

Come funziona un impianto di depurazione delle acque reflue

Il ciclo di depurazione delle acque reflue comincia con l’ingresso nello stabilimento. Il trattamento si divide nella linea acque, il vero e proprio trattamento delle acque reflue, e nella linea fanghi, che lavora gli scarti provenienti dalla depurazione. 

 

L’acqua subisce un primo trattamento meccanico, che separa i rifiuti più grossolani e le sabbie, per poi avviarsi al trattamento più importante: la parte biologica.

Lungo tutto il ciclo di depurazione delle acque reflue sottoponiamo l’acqua a test di laboratorio che, grazie ai risultati in tempo reale, ci permettono di verificare costantemente la conformità con i parametri stabiliti dalla legge. 

Il processo “digestivo” del depuratore di acque reflue

Qualora ce ne sia la necessità, l’acqua subisce un primo trattamento di sedimentazione che aiuta a creare le migliori condizioni per il processo principe dell’impianto: il trattamento biologico a fanghi attivi

L'acqua viene immessa in alcune vasche chiamate “reattori biologici”, dove si susseguono le fasi di denitrificazione e nitrificazione. In queste vasche, una parte della miscela viene mantenuta in movimento in uno stato anaerobico, mentre un’altra parte viene movimentata e areata grazie a dei piattelli sul fondo della vasca, che favoriscono l’ossigenazione della miscela.


L'ossigeno insufflato promuove il proliferare dei microrganismi – che si raccolgono in agglomerati chiamati “fiocchi di fango" e che si nutrono delle sostanze presenti nel refluo (azoto ammoniacale, proteine, parti organiche, etc). È grazie a questi microrganismi che vengono abbattuti gli inquinanti e depurate le acque reflue.


A questo punto, l’acqua viene separata dai fanghi in altre vasche di sedimentazione e si avvia ai processi di disinfezione. Verrà poi reimmessa nella natura o reintrodotta nell’impianto per essere riutilizzata.

I valori chimici che l’acqua deve possedere per poter essere reimmessa nella natura sono molto restrittivi. Soprattutto durante i periodi di balneazione. 

Fanghi: da scarto a risorsa

Separato dall’acqua, il fango si configura, in teoria, come lo scarto della lavorazione. Attraverso una serie di processi innovativi che avvengono nei nostri depuratori delle acque reflue, però, da un lato ne riduciamo il volume eliminando ulteriormente l’umidità presente, e dall’altro gli diamo nuova vita.

 

Separato dall’acqua, quindi, il fango attraversa il processo di stabilizzazione che contribuisce a eliminare la parte putrescibile. Tale processo avviene attraverso due metodologie: la tecnica aerobica o quella anaerobica.

L’ozonolisi del fango: un’innovazione che fa scuola 

In alcuni dei nostri impianti di depurazione delle acque reflue, come in quello di Ostia, la stabilizzazione aerobica viene favorita dall’ozonolisi del fango. In un comparto dell’impianto viene prodotto ozono, che viene iniettato all’interno di una porzione dei fanghi: l'ozono rompe i legami organici dei microrganismi presenti nella miscela e favorisce la liberazione del loro materiale cellulare. Questo materiale, reintrodotto nelle vasche, va a costituire il nutrimento per altri microrganismi specifici, che eliminano in maniera più efficiente la parte organica del fango.

 

L'ozonolisi del fango, quindi, è un’innovazione fondamentale: contribuisce in maniera determinante a diminuire il volume del fango, aumentandone la sedimentabilità.

Impianto di depurazione delle acque reflue di Acea Acqua

Dalla fermentazione al biometano: nuova energia alla sostenibilità

In altri impianti, come in quelli di Roma Est/Nord/Sud, la stabilizzazione avviene in condizioni anaerobiche, cioè in assenza di ossigeno: a differenza del precedente processo, all’interno dei fanghi prevarrà un’altra tipologia di microrganismi, che favoriscono la fermentazione producendo al tempo stesso biogas. Tale gas viene sottoposto a un processo di upgrading, e immesso nella rete civile: da una materia di scarto, quindi, otteniamo nuova energia

L’essiccazione termica: l’ultimo step dell’ottimizzazione dei fanghi

Dopo la stabilizzazione, il fango attraversa la fase di ispessimento e poi quella di disidratazione meccanica, in cui riduciamo ulteriormente il contenuto d’acqua attraverso una centrifuga. Acqua che, con la fase di essiccazione termica, abbattiamo drasticamente: con questo processo innovativo, i fanghi vengono fatti passare in una turbina in cui l’azione di una caldaia li asciuga ulteriormente, ne riduce il volume e li prepara per il definitivo processo di smaltimento..

Il Soil washing

 

Il processo che trasforma un rifiuto in una nuova materia prima.